L’argentino protagonista ad Augusta: "In carcere all’inizio erano amichevoli, poi sono diventato uno come gli altri"

L’apparenza è tutto, in certi luoghi ancora di più. All’Augusta National nulla è fuori posto, nemmeno un filo d’erba troppo ingiallito può permettersi di rovinare l’immagine perfetta offerta al mondo intero, migliaia di persone sono al lavoro – in campo oppure dietro a una scrivania - per pulire, coprire, mascherare imperfezioni. Ma nulla può cancellare dolori ed errori personali. Guardiamo Angel Cabrera, 55 anni, argentino con due major in carriera, lo US Open 2007 e il Masters 2009. L’hanno sempre chiamato El Pato (il papero), per quel suo tipico modo di camminare un po’ ondeggiante. E in tutta la sua vita ha sempre fatto un passo verso il sublime e uno verso l’abisso, uno verso la gloria, uno verso l’orrore. Un po’ campione, un po’ peccatore. Bambino povero abbandonato presto dai genitori, la scuola interrotta senza terminare le elementari, Angel Cabrera ieri ha giocato il suo primo round al Masters – dove non metteva piede dal 2019 – dopo aver passato 30 mesi in carcere fra Brasile e Argentina. L’accusa: violenza in famiglia contro due donne.

cabrera e violenze
—Si è presentato sul tee della buca 1 alle 10.59 con l’inglese Laurie Canter e l’americano Adam Schenk. Prima di tirare il suo primo drive, di sicuro ha pensato a Micaela Escudero e Cecilia Torres Mana. Le due donne che hanno subito violenze da lui, fra cui anche un cellulare tirato in testa. "Hanno avuto la sfortuna di stare insieme a me in un pessimo periodo della mia vita" ha detto Cabrera in una lunga intervista a Golf Digest. "Ho fatto molti errori. Sono colpevole? Così ha deciso il giudice e così credo anch’io. Ero convinto di essere una vittima, davo la colpa agli altri, ma poi ho capito che l’unico responsabile ero io. Bevevo troppo. Invecchiando, avevo capito di non poter più reggere il confronto con i giovani del tour e l’idea che non sarei più riuscito a vincere mi ha tolto l’interesse per il golf e in qualche modo anche per la vita. La prigione mi ha fatto bene, probabilmente se non fossi stato rinchiuso, oggi non sarei più qui. Ho passato cinque mesi in un penitenziario in Brasile con altri 19 prigionieri, quasi tutti trafficanti di droga, dieci celle con due letti. Ero con un paraguaiano, chiudevano la porta alle 4 del pomeriggio e la riaprivano alle nove del mattino dopo". Poi il trasferimento in Argentina, a Bouwer, il penitenziario che chiamano “El Penal del Infierno”. E non serve la traduzione. Continua Cabrera: "Anche se il golf non è certo popolare come il calcio, tutti sapevano chi ero, all’inizio erano molto amichevoli, poi sono diventato un detenuto come gli altri".

cabrera e il golf, seconda parte
—Uscito dalla prigione a fine estate 2023 con una nuova compagna e un nuovo figlio concepito in prigione (la possibilità di passare qualche ora con il proprio partner è un premio per i detenuti modello) Cabrera ha ripreso col golf. Una rinascita che l’ha riportato prima sul Champions Tour – riservato agli ultra 50enni – dove ha appena vinto un torneo e poi fino ad Augusta. Ci sono state polemiche da parte di organizzazioni femministe, ma il chairman Fred Ridley, lo ha difeso: "Ha il diritto di essere qui in quanto ex vincitore, ha pagato i suoi errori, perché non invitarlo?". Al Country Club la gente lo ha applaudito come gli altri, in campo c’era solo l’Angel Cabrera campione di golf e non l’Angel Cabrera che picchia le donne. Ha chiuso 4 colpi sopra il par, indietro in classifica. Ma bastava esserci per vincere.
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