Dopo aver conquistato la salvezza alla guida del Parma, il romeno torna alla Pinetina: sarà in panchina già al Mondiale per club

"Mai dire mai": tre parole in fila e un sorriso, così Cristian Chivu rispondeva alla Gazzetta il 14 ottobre scorso, di fronte all’ipotesi di allenare un giorno l’Inter. Otto mesi dopo quel giorno è arrivato. È lui il nuovo tecnico nerazzurro: oggi, sistemati gli ultimi dettagli, firmerà un contratto di due anni, fino al giugno 2027, per un ingaggio da circa 2,5 milioni di euro più bonus. Manca giusto l’ufficialità, ma tutto s’è deciso ieri, con l’accelerata dopo il no di Fabregas e del Como, l’arrivo in città del romeno ormai ex Parma e l’incontro in serata con i dirigenti del club interista, in un hotel di Milano in zona Brera, che è servito non solo per discutere di contratto ma anche per approfondire i discorsi legati alla rosa e all’organico.

la scelta
—Quarantotto ore dopo aver salutato Simone Inzaghi, l’Inter ha dunque voltato pagina. E abbracciato una sfida affascinante e rischiosa, rischiosa e affascinante: scegliete voi l’ordine. Manca un aggettivo: romantica, scelta romantica. Chivu è l’allenatore numero 69 della storia del club, non certo il primo proveniente dal settore giovanile. Ha dalla sua almeno due grandi vantaggi. Il primo: conosce ogni centimetro del pianeta Inter, per averlo frequentato fino al maggio 2024. Salutando la Primavera – e un percorso con i giovani iniziato con l’Under 14 – disse: "Ringrazierò per sempre l’Inter perché mi ha permesso di realizzare i miei sogni". Ce n’era ancora uno, un po’ nascosto: la prima squadra, eccola qui. Il secondo vantaggio? Da giocatore è stato un campione, innanzitutto, e un campione nell’Inter poi (169 presenze), ha sempre frequentato grandi spogliatoi, sa come muoversi e il suo nome – il che non guasta – evoca ricordi più che dolci ai tifosi nerazzurri. Chivu è stato un grande difensore, ma ora il suo primo obiettivo è quello di un trequartista, ovvero un dribbling a un curriculum acerbo, con sole 13 panchine in Serie A. Inizierà presto a mostrare e a dimostrare, non c’è tempo da perdere: lunedì il primo allenamento ad Appiano (senza i nazionali), mercoledì la partenza destinazione Los Angeles per il Mondiale per club.
le mosse
—La svolta è arrivata ieri mattina. Perché l’Inter ha capito presto che non sarebbe arrivata l’apertura del Como a trattare Fabregas e anche che il tecnico catalano non avrebbe spinto più di tanto, non avrebbe forzato la mano per rompere con il suo attuale club, nonostante il grande pressing messo in atto dal direttore sportivo dell’Inter, Piero Ausilio, volato a Londra mercoledì anche per quello. Le dichiarazioni assai infastidite del presidente del Como, Mirwan Suwarso, erano lì a dimostrarlo: "Abbiamo comunicato il nostro rifiuto direttamente al presidente dell’Inter (Marotta, ndr), che lo ha riconosciuto e accettato con la cortesia e la chiarezza che ci si aspetta da due società che hanno rispetto reciproco. Per questo motivo, trattiamo le voci insistenti sul loro interesse per il nostro allenatore come pura fantasia. Difficilmente qualcuno insisterebbe dopo una risposta così chiara, soprattutto un club del calibro dell’Inter". Più o meno contemporaneamente, il manager di Chivu, Pietro Chiodi, veniva ricevuto dai dirigenti del Parma per parlare di futuro. È qui che è entrato in scena Marotta, che ha chiesto al club emiliano di non procedere al rinnovo automatico di Chivu, che sarebbe comunque scattato in caso di salvezza. Di fatto, era il segnale della scelta nerazzurra.
Continuità
—Chivu più di Vieira, dunque: il romeno è stato preferito anche perché ritenuto più adatto rispetto al francese nell’idea di proseguire il canovaccio tattico dell’Inter di Inzaghi, ovvero la difesa a tre. L’Inter non sarà stravolta, nella base dei titolari: non è logico immaginarsi cessioni dolorose, l’idea è aggiungere semmai. Anche di questi aspetti, oltre che di quelli logistici, hanno discusso ieri a cena i dirigenti e il nuovo allenatore. Chivu ha una grande considerazione dell’organico attuale: nessuna rivoluzione in arrivo, allora. Ma certamente una ventata d’aria fresca necessaria, dopo il quadriennio del ciclo Inzaghi: la notte di Monaco va cancellata.
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